Il Museo del Sannio è il principale polo museale in provincia di Benevento ed uno dei più importanti in Campania. Ospitato nella straordinaria cornice architettonica dell’Abazia di Santa Sofia, dal 2011 Patrimonio Unesco con il suo splendido chiostro del XII secolo, consente un affascinante viaggio dalla Preistoria fino all’Età contemporanea.
Il primo nucleo della collezione risale al 1873 ed ebbe una prima sistemazione all’interno della Rocca dei Rettori, attualmente sede della Sezione Storica. Nel 1928 l’amministrazione provinciale acquistò l’Abazia di Santa Sofia, trasformandola in museo provinciale, riorganizzando e ampliando l’esposizione nei decenni successivi. Alla fine degli anni Novanta dello scorso secolo, risale la ristrutturazione di parte degli ambienti dell’ala nord del museo, e successivamente le collezioni sono state ospitate anche in un’ala dello storico Palazzo Casiello. Del 2014 è l’apertura dell’Infopoint e del Bookshop con annessa Sezione “Sculture e sarcofagi” su Piazza Matteotti.
La collezione museale è delle più varie, e rappresenta un fulgido esempio di musealizzazione territoriale di tipo tradizionale, ovvero una collezione che si è costituita nel tempo, mediante una serie di donazioni, acquisti e affidamenti da tutto il territorio. Il museo raccoglie testimonianze storiche che partono dal periodo sannitico e romano, passando per l’età longobarda, quindi spaziando dal ‘400 all’800, fino ad opere dei più importanti artisti del ‘900 nazionale. Gli oltre 50.000 reperti coprono un ampio arco cronologico dalla preistoria ai giorni nostri, grazie ai quali è possibile fare esperienza della costruzione del gusto e della coscienza del patrimonio culturale nei secoli.
Il percorso si sviluppa sui due piani del complesso monumentale di Santa Sofia e in alcuni ambienti dello storico Palazzo Casiello, secondo una sequenza cronologica. Appartiene al nucleo museale il Chiostro romanico del XII secolo che, insieme alla chiesa di Santa Sofia, fa parte dal 2011 del sito seriale UNESCO “Longobardi in Italia: i luoghi del potere”. L’esposizione comprende anche la Sezione Sculture e sarcofagi di età romana, collocata all’interno dell’Infopoint/Bookshop in Piazza Matteotti. La struttura, inoltre, è dotata di una ricca biblioteca, con annessa sala studio, e di una sala conferenze intitolata allo studioso Giovanni Vergineo. Completano il patrimonio del Museo del Sannio la Sezione egizia, distaccata presso il Museo Arcos, e il Complesso di Sant’Ilario a Port’Aurea, entrambi visitabili con un unico biglietto integrato.
Orario ingresso: orario continuato dalle 9:00 alle 19.00 dal martedì alla domenica – lunedì chiuso
Telefono: Museo del Sannio 0824774585 – Segreteria 0824774582
Come arrivare al Museo del Sannio
Patrimonio Unesco dal 2011, inserito insieme alla Chiesa di Santa Sofia nel sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere”, testimonia il mondo medievale in tutte le sue sfaccettature.
Ricostruito nel XII secolo ad opera dell’abbate Giovanni IV, così come ricorda il capitello con iscrizione dedicatoria, offre un vasto repertorio di immagini reali e fantastiche, in cui trovano spazio figure mostruose e crociati, lavori agresti e simboli cristologici, tutti elementi di forte connotazione simbolica.
Diverse le maestranze della fabbrica del chiostro, così come dimostrano le differenti raffigurazioni sui pulvini che sormontano le 47 colonne di marmo, alabastro e granito.
Di particolare interesse la colonna ofitica (colonna annodata), elemento architettonico dell’arte romanica, e i pulvini raffiguranti il “ciclo dei mesi”.
- Orario ingresso: orario continuato dalle 9:00 alle 19.00 dal martedì alla domenica – lunedì chiuso
- Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
Come arrivare al Chiostro di Santa Sofia
Il Giardino del Mago, parte integrante del Palazzo Casiello, ex casa abbaziale annessa al convento di Santa Sofia, è una installazione permanente di Riccardo Dalisi, designer ed artista di livello internazionale, che evoca le antiche leggende di streghe e magie da sempre associate alla città di Benevento.
Si spiega così la natura delle misteriose presenze che animano il giardino, sculture in ferro e rame che rappresentano strani animali, protagonisti di incantesimi, dominati dalla figura fortemente evocativa di un mago.
Come arrivare al Giardino del Mago
La Sezione Egizia del Museo del Sannio, sita presso il museo ARCOS, riguarda i reperti provenienti dal Tempio beneventano dedicato alla dea Iside, “Signora di Benevento”.
Il percorso ricostruisce un ideale viaggio nel tempio, allestito in successione tra le sale, partendo da una “iniziazione” al culto della dea, proseguendo nella zona antistante il tempio e per giungere infine nell’area sacra vera e propria con la cella della dea. Il Tempio di Iside fu costruito dall’Imperatore Domiziano tra l’88 ed l’89 d.C. con materiali provenienti direttamente dall’Egitto, peculiarità che ha reso Benevento il luogo in Occidente che presenta la maggiore concentrazione di manufatti egizi originali e per la maggior parte statue. A Benevento, infatti, si trovava uno dei più importanti templi di Iside dell’Impero romano.
La quantità e la qualità dei ritrovamenti nilotici compiuti soprattutto nel 1903 testimoniano la presenza di un santuario fuori dalla norma e che, diversamente dagli altri isei presenti in Italia è l’unico in stile faraonico ed è anche l’unico tempio faraonico d’Europa. Secondo l’ipotesi avanzata dallo studioso tedesco W. Muller i santuari a Benevento erano addirittura tre: uno ellenistico-romano del I sec. A.C. cui sarebbero da riferire le statue in marmo chiaro, il secondo quello in stile faraonico voluto dall’imperatore Domiziano ed un terzo più piccolo dedicato al culto di Osiride canopo. Un viale fiancheggiato da sfingi e statue di Horus-falco (in foto), Thot-babbuino, adoratrici della dea, sacerdoti e sacerdotesse di culti faraonici conduceva al tempio che, tuttavia, non è mai stato individuato. Fu il famoso linguista Champollion che, nel 1826, tradusse i testi geroglifici dei due obelischi beneventani che parlano proprio della fondazione del tempio da parte del legato Marco Rutilio Lupo.
Un obelisco in granito rosa si trova in Piazza Papiniano, lungo corso Garibaldi in Benevento, mentre l’altro, suo gemello (le quattro facce raccontano la stessa storia) è esposto presso il Museo del Sannio ed è stato restaurato in cambio del prestito di alcuni reperti, da esperti del Getty Museum di Los Angeles per una mostra tenutasi nel marzo del 2018
Dunque ad oggi ancora non si è riusciti ad identificare il luogo in cui era collocato l’Iseo, ma esso fu certamente uno dei più importanti luoghi di culto del Mezzogiorno, attivo per secoli fino almeno all’Editto di Tessalonica.(380 d.C.)
All’interno di Arcos c’è il museum shop, un progetto che unisce suggestione storica e design contemporaneo: accanto alla raffinata linea di articoli del marchio Musei e alla selezione dedicata ai più piccoli Musei Kids, debutta una linea ispirata all’Antico Egitto, pensata per coinvolgere grandi e piccini.
Orario ingresso: orario continuato dalle 9:00 alle 19.00 dal martedì alla domenica – lunedì chiuso
Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
Come arrivare al Museo Arcos
Vicinissimo all’Arco di Traiano (a cui deve il suo nome in quanto l’Arco in epoca longobarda fu inglobato nella nuova cinta muraria diventando porta “aurea” della città), ne fanno parte l’ex Chiesa di S. Ilario a Port’Aurea, edificio altomedievale, ed i resti di un complesso edilizio d’età imperiale (II secolo d.C.) con testimonianze di una preesistenza archeologica.
La Chiesa di S. Ilario, sorta tra la fine del VII e la prima metà dell’VIII secolo, è costituita da un’aula absidata in due campate leggermente disuguali, mentre la copertura dell’esterno è formata da due tiburi separati con tetto a padiglione.
Ad essa fu poi aggiunto un convento, di cui sono visibili alcuni resti; degne di nota sono le cisterne ed i pozzi per la captazione dell’acqua.
In età tardo-antica il complesso fu abbandonato e solo una parte fu recuperata ed inglobata in nuove strutture murarie per una probabile utilizzazione di carattere militare o comunque difensiva. Esso subì danneggiamenti, durante il terremoto del 1688, che lo resero inutilizzabile e la chiesa, dopo la sconsacrazione, fu adibita a casa colonica.
Nel 1974 la Provincia di Benevento acquistò il complesso e, dopo il restauro della chiesa avvenuto grazie alla cooperazione tra Soprintendenza Archeologica, Provincia di Benevento e Comune capoluogo, l’8.12.2004 è stato inaugurato il Museo dell’Arco all’interno della ex-chiesa. Esso, attraverso un video multimediale, si propone di raccontare le imprese militari ed il programma dell’Imperatore Traiano rappresentati nei rilievi che ornano l’Arco di Traiano.
All’interno del Complesso monumentale è possibile usufruire gratuitamente di una visita guidata al parco archeologico, alla ex-chiesa altomedievale, al “Museo dell’Arco”, nonché di materiale informativo anche in lingua inglese.
- Orario ingresso: orario continuato dalle 9:00 alle 19.00 dal martedì alla domenica – lunedì chiuso
- Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
Come arrivare al Complesso monumentale di Sant’Ilario
La “Rocca dei Rettori” in Benevento, costituita da due edifici affiancati, l’uno medievale e l’altro rinascimentale, svetta sulla valle in cui il fiume Sabato confluisce nel Calore, in area strategica dell’Italia meridionale a metà strada tra il Tirreno e l’Adriatico, sul percorso della Via Appia, poi Via Sacra dei Longobardi.
In questa stessa valle si combatterono battaglie epocali: quella dei Romani contro Pirro, re dell’Epiro, nel 257 a.C. o quella cantata da Dante Alighieri, nella “Divina Commedia”, in cui, nel 1266 cadde, nello scontro con i francesi di Carlo d’Angiò, Manfredi di Svevia e, con lui, il sogno del nuovo Impero.
Sulla collina gli insediamenti umani sono antichissimi, ma nell’VIII sec. a.C. ospitava una necropoli e nel IV sec. a.C. i Sanniti, insediati nell’Italia centro-meridionale, costruirono una fortezza. Con il dominio romano la collina divenne “castellum acquae”, un ambiente termale, alimentato da un ramo dell’Acquedotto proveniente dal Serino, recentemente riportato alla luce da scavi archeologici.
Caduto l’Impero romano, Benevento, conquistata dai Longobardi nel 570 d.C., divenne capitale del Ducato e Principato della “Longobardia meridionale”. All’apice del suo splendore, nell’875 fu costruito sul “castellum acquae” un Torrione, costituente con la “Porta Somma”, uno dei punti di accesso alla città, difesa da alte mura, collocato sulla Via Appia.
Nel 1070, finita l’epopea longobarda, con il Trattato di Worms comincia la dominazione pontificia della città protrattasi quasi ininterrottamente fino al 3 settembre 1860. Al fine di dare sede prestigiosa e difesa adeguata ai suoi rappresentanti in città, detti “Rettori Pontifici”, contestati duramente da una parte dei cittadini che rifiutavano i confini dello Stato Pontificio, papa Giovanni XXII ordinò il 5 luglio 1320 la costruzione a Porta Somma, accanto al Torrione, di un Palazzo sul modello della fortezza francese di Carcassone. L’edificio, in realtà, fu completato solo nel XVIII sec. e nel XIX fu innalzata la Torre campanaria.
Nel XV secolo, per più di un decennio, nella Rocca dei Rettori si insediò Alfonso d’Aragona, impegnato nella lotta contro i D’Angiò per la conquista del Regno di Napoli: i baroni venivano a Benevento per giurargli fedeltà.
Nel XVI secolo, al culmine dell’ennesima rivolta, fu ucciso il Rettore Andreone degli Artusini: il papa Urbano VIII, ordinò di completare le difese della Rocca, spostò la Porta Somma fuori dal Torrione, trasformandolo in carcere, ed alzò nuove mura. In onore del papa fu eretto un leone su una colonna romana che ancora oggi “sorveglia” l’ingresso della Palazzo. Le nuove opere (eccetto il “leone”) furono abbattute dopo la Prima Guerra Mondiale per fare spazio al Monumento della “Vittoria alata” di Publio Morbiducci.
Oggi la Rocca dei Rettori, che conserva alcuni affreschi che la adornavano (il “Crocifisso” barocco; la Volta della Sala del Presidente; le pareti della Sala del Segretario), è sede istituzionale della Provincia, ma anche sede espositiva e museale per mostre permanenti (con la Sezione “Uomini eccellenti” ed i quadri di Virginia Tomescu Scrocco) ed estemporanee. Il bellissimo Giardino che circonda la Rocca, con manufatti in pietra di epoche diverse e l’installazione “Memoria è”, dedicata alla Vittime della Shoah, offre una suggestiva veduta.
- Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
Come arrivare alla Rocca dei Rettori
Il MUSA – Museo della tecnica e del lavoro in agricoltura, è una esposizione di macchine agricole d’epoca nonché un laboratorio didattico e multimediale in grado di consentire sia una lettura tecnica delle tappe dell’evoluzione dei motori e dei congegni meccanici nelle aree rurali, sia la valutazione delle trasformazioni sociali, economiche e culturali che i trattori hanno determinato nella vita di tutti noi.
Uno spazio che guarda al recente passato e all’identità culturale del territorio sannita.
Sorge a Benevento in località Piano Cappelle e consiste in un vero e proprio centro di promozione culturale della storia dell’agricoltura e delle tecnologie agrarie. all’interno, distribuita in dieci padiglioni, la collezione di trattori e macchine agricole, provenienti da tutto il mondo, con esemplari rari in perfetto stato di conservazione, una serie di istallazioni che ricostruiscono gli ambienti di vita nella società agricola tradizionale, un sistema di schermi al plasma con filmati didattici e la magica quadrisfera multimediale che racconta, in un complesso sistema di video e specchi, l’evoluzione del paesaggio rurale nel tempo.
Nel percorso guidato, la macchina agricola apparentemente fredda, prende vita e si circonda di figure di braccianti e padroni. l’allestimento, nel seguire le tappe della introduzione della tecnica nel faticoso lavoro dei campi, fa da sfondo a una serie di racconti di vita tradizionali, recupero di tecniche agricole e prodotti scomparsi o a rischio di scomparire. La struttura, che dispone di un ampio teatro all’aperto è in grado di accogliere ed organizzare anche spettacoli ed altri eventi.
- Orario ingresso: dal martedi alla domenica anche giorni festivi tranne il 25 dicembre ed il 01 gennaio e domenica di Pasqua
- Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
Come arrivare al Musa
Il primo impianto del progetto è del prof. Carmine Guarino, dell’Università del Sannio; il progetto di divulgazione scientifica è firmato da Paco Lanciano, il noto collaboratore di Piero Angela nella serie televisiva della RAI “Superquark”.
Il museo, accessibile ai portatori di handicap, è una struttura didattico-museale dedicata alla storia della Terra ed all’evoluzione delle biodiversità.
Il visitatore è chiamato alla scoperta del pianeta Terra con particolare riguardo al Sannio, scoprendo un mondo meraviglioso fatto di luci e colori, ma che può diventare violento e sconvolgente.
Il GeoBioLab riporta il visitatore alle origini del tutto ed agli elementi essenziali (l’acqua, le piante, gli uccelli ecc.) che gli uomini spesso trascurano o maltrattano senza sapere e capire come tale comportamento abbia profonde ripercussioni sulla loro stessa vita.
Il GeoBioLab ha, quindi, un profondo valore pedagogico e didattico ed è molto utile a studenti grandi e piccini perché assicura momenti di gioioso e costruttivo apprendimento di robuste nozioni di geologia, botanica e zoologia.
L’avventura unisce ricerca scientifica e attività ludica mettendo insieme realtà virtuale, filmati in 3D, foto, ricostruzioni scenografiche, exhibit, macchine “parlanti” e laboratori.
La visita guidata è suddivisa in due macro percorsi sulle tematiche GEO (Terra) e BIO (Vita).
Si esplorano così i processi che portarono alla formazione della crosta terrestre, i fenomeni vulcanici, il ciclo delle acque ma anche la nascita di flora e fauna e la diversificazione e proliferazione delle specie.
ORARI E BIGLIETTI
Il Geobiolab è momentaneamente chiuso per lavori di MANUTENZIONE STRAORDINARIA
- ORARIO INGRESSO: APERTO SU PRENOTAZIONE
- INTERO € 4,00
- RIDOTTO € 2,00 – per scolaresche e gruppi di almeno 20 persone
- GRATUITO– per guide e insegnanti accompagnatori.
GALLERIA FOTOGRAFICA
Il Consiglio Provinciale istituì nel 1929 la Biblioteca, per corrispondere alle norme di legge che affidavano alle biblioteche di capoluogo il ruolo di istituti di ricerca e di pubblica lettura.
Essa venne aggregata agli altri Istituti culturali della Provincia, il Museo del Sannio, fondato nel 1873, e l’Archivio Storico, istituito nel 1909, con i quali costituì un organismo complesso, affidato alla direzione di Alfredo Zazo. Per tale organismo, fu necessario acquisire una sede più ampia della Rocca dei Rettori Pontifici, dov’erano ubicati fin dall’origine il Museo e l’Archivio: di qui l’acquisto del complesso architettonico monumentale di S. Sofia, già sede dell’Abbazia benedettina, voluta nell’VIII sec. da Arechi II, principe longobardo di Benevento.
In S. Sofia la Biblioteca Provinciale rimase fino alla sua autonomizzazione formale dal Museo, decisa dal Consiglio Provinciale nel 1973, contemporaneamente alla soppressione dell’Archivio, incorporato dal Museo. Nel 1975, venne trasferita nel settecentesco Palazzo dei marchesi Terragnoli, appositamente acquistato.
A corredo scientifico delle opere del Museo, già diretto da Almerico Meomartini e delle documentazioni dell’Archivio, già curato da Antonio Mellusi, si era andato costituendo un primo patrimonio librario, che formò il nucleo originario della Biblioteca Provinciale.
Alfredo Zazo colse l’esigenza di far vivere tale patrimonio secondo la specificità di una vera e propria biblioteca. A lui si deve l’acquisizione di biblioteche di famiglie della provincia di Benevento (Capasso Torre delle Pastene, Foschini, Piccirilli) e di Enti diversi (Collegio Gesuitico, istituto “Margherita di Savoia”), nonché di carteggi di personalità sannite (Carlo e Federico Torre, Almerico Meomartini, Antonio Mellusi). E’ merito di Zazo l’impegno ad acquisire pubblicazioni d’interesse locale, con particolare attenzione ai periodici. Ciò ha consentito la conservazione di giornali di assoluta rarità (“La Gazzetta di Benevento”) e di numeri unici di riviste locali.
Su questi fondamenti, negli Sessanta, Mario Rotili ha regolarizzato gli orari di utenza al pubblico, ha dotato di personale adeguato l’istituto, avviando, inoltre, una classificazione scientifica del patrimonio bibliografico, il prestito interbibliotecario, l’inserimento della Biblioteca nel Servizio nazionale di lettura ed incrementando le varie Sezioni, con acquisti programmati. Dal 1975 ad oggi, la Biblioteca ha proseguito, con la direzione di Salvatore Basile, nell’azione indicata dalla normativa di legge per le Biblioteche provinciali, corrispondendo, particolarmente, alle esigenze del versante umanistico degli studi ed alle richieste del mondo scolastico.
Con il 2000, si apre una nuova fase con l’unificazione della direzione del Museo, della Biblioteca e dei Beni Culturali nella persona di Elio Galasso. Dopo aver completato il ripristino del complesso museale, l’Amministrazione presieduta da Carmine Nardone ha recuperato la sede della Biblioteca, previa realizzazione degli interventi tecnici, previsti dalle norme di sicurezza. Il nuovo modello di Biblioteca si fonda su un’idea di sintesi tra la cultura locale e quella globale, nonché sulla lettura delle epocali rivoluzioni scientifiche in atto. L’interesse bibliografico sarà orientato: 1) Verso le nuove frontiere della scienza, della tecnica e dell’indotto interdisciplinare (biotecnologia, bioetica, nuovi diritti, biosostenibilità, new economy, globalizzazione), la cui conoscenza possa favorire la formazione e lo sviluppo di un pensiero critico nella cittadinanza; 2) Verso la formazione giovanile, orientata in particolare all’uso del sapere; 3) Verso il Sannio, per uno studio dell’ambiente, dei percorsi umani della provincia e delle modificazioni del suo territorio, secondo un approccio multidisciplinare; 4) Verso i nuovi orizzonti dello sviluppo del Mezzogiorno, ed in generale delle aree territoriali più deboli, nella sfida della globalizzazione; 5) Verso i Beni Culturali prodotti dalla civiltà dell’uomo, in una visione non solo storica, ma tesa a sottolineare la reciprocità con i centri urbani e le trasformazioni del paesaggio umanizzato.
“IL PALAZZO E LA FAMIGLIA TERRAGNOLI”
ll Palazzo Terragnoli è datato dal cartiglio del portale, al 1767. La sua ubicazione, lungo l’antica Via Magistrale della città, attesta il ruolo di quella famiglia marchesale, la cui prima personalità nota era stato Giacomo, Uditore della Nunziatura Apostolica in Portogallo ed in Spagna sotto il pontificato di Paolo V, sullo scorcio del ‘500. La famiglia Terragnoli si estinse, peraltro, nella prima metà del secolo XX. L’autore del progetto del Palazzo non è conosciuto. Accreditata è l’attribuzione a Filippo Raguzzini, originale esponente del rococò italiano, attivo per papa Benedetto XIII Orsini a Roma, è dove il suo capolavoro è piazza S. Ignazio. Benché alterata nei rapporti cromatici, la facciata di Palazzo Terragnoli conserva le proporzioni e le linee originarie, basate sui profili bianchi delle aperture, a contrasto con il tessuto fittissimo di un bugnato che finge il cotto. L’interno, adattato da successive utilizzazioni, mantiene soltanto le scuderie e la nobile scala d’epoca in pietra, entrambe con rilievi decorativi. Nel Palazzo non è presente lo stemma dei marchesi Terragnoli, così descritto nel ‘700 da Mario Della Vipera: “Una talpa che mira al sole in campo azzurro posta sopra una collina verde che si stende per un terzo del campo”.
“9 OTTOBRE 2000: IL NUOVO CAPITOLO”
L’Istituto è rimasto chiuso al pubblico per lungo tempo: dapprima perché si doveva provvedere al rifacimento degli impianti interni; successivamente perché si resero necessari interventi radicali alle strutture ed agli ambienti per renderli confortevoli ed idonei a rispondere ad una domanda culturale ormai calibrata sui tempi e le esigenze del terzo millennio.
Il progetto è stato promosso nel 1999 dalla Giunta Nardone: con risorse finanziarie reperite nel Bilancio della Provincia, sono dunque stati abbattuti inutili tramezzi (eretti quando il Palazzo era sede della Banca d’Italia) e restituiti alla luce alcuni locali dimenticati.
E’ stato ripensato lo stesso ingresso al fine di renderlo accogliente, anche grazie a sobrie, ma affascinanti soluzioni d’arredamento e scenografiche; è stato fondato un nuovo spazio, denominato Sannioincontro, cioè un’ampia area espositiva e di confronto culturale ed artistico; è stato realizzato, ancora, un nuovo ambiente, denominato la “Sala dell’Autore”, che consentirà un rapporto più diretto e ravvicinato tra pubblico e scrittore.
ll nuovo ordinamento scientifico, non più generalista, ma specializzato su alcuni importanti filoni culturali; la fondazione della Mediateca; l’immissione della Biblioteca nella rete virtuale nazionale ed internazionale; moderni strumenti per lo studio e l’analisi dei testi offerti ai lettori completano il quadro degli interventi strategici pensati per dare nuovo slancio alla Biblioteca Provinciale.
COME RAGGIUNGERE LA BIBLIOTECA PROVINCIALE
- Telefono: CUP ( centro unico prenotazioni ) 345 7542984
- Orario ingresso: aperto tutti i giorni dal lunedì al venerdì:
la mattina dalle 08.30 alle 13.00
il martedì, il mercoledì e il giovedì anche dalle ore 14.45 alle 17.45
ATTENZIONE! Si comunica che Biblioteca resta chiusa per il periodo estivo dal 08-19 agosto e il 24 agosto - Indirizzo: Corso Garibaldi, 47, 82100 Benevento
La chiesa di Santa Sofia fu fondata dal Duca Arechi II subito dopo la sua elezione (758), con la funzione di tempio nazionale e cappella votiva della gente longobarda, la chiesa venne in modo inconsueto dedicata a Santa Sofia (Santa Sapienza) forse su suggerimento di Paolo Diacono, a somiglianza di quella giustinianea di Costantinopoli (Haghia Sophia).
L’edificio era già completo nel maggio del 760, quando furono traslate nell’abside maggiore le reliquie dei SS. dodici fratelli martiri recuperate in varie città italiane.
Il tempio accolse ancora nel 768 le reliquie di San Mercurio e poi quelle di trentuno santi martiri e confessori. Arechi II affiancò alla chiesa un cenobio femminile, affidato alla sorella, la badessa Gariperga. Del cenobio rimane testimonianza nel chiostro, oggi parte integrante del Museo del Sannio.
La costruzione della chiesa di Santa Sofia
La chiesa di Santa Sofia venne costruita intorno al 760 da Arechi II, duca di Benevento, come cappella personale e santuario nazionale per la redenzione della propria anima e la salvezza del popolo longobardo.
All’edificio religioso fu annesso un monastero, oggi sede del Museo del Sannio, con un chiostro ricostruito in età romanica, che reimpiega alcuni elementi originali longobardi.
La facciata
La facciata presenta linee barocche e rispetta la configurazione assegnata all’edificio negli anni successivi al terremoto del 1688, con un timpano raccordato ai campi laterali con linee di colmo a leggera curvatura.
La parte centrale della facciata presenta un pregevole portale, costituito da stipiti e architrave in marmo, sormontato da una lunetta arricchita di preziose sculture in altorilievo su fondo dorato.
Sugli intradossi degli archi che fiancheggiano il portale principale, si conserva una rara testimonianza della decorazione dipinta che, nella costruzione longobarda, doveva ricoprire il paramento esterno o le pareti di un nartece.
L’architettura
La chiesa di Santa Sofia è di dimensioni piuttosto modeste (si iscrive in un cerchio di 23,50 metri di diametro) e ha una composizione architettonica di grande interesse.
Il singolare impianto stellare, convergente dalla zona d’ingresso verso le tre absidi opposte, è da considerarsi un raro esempio di architettura longobarda.
Lo schema a pianta centrale, probabilmente di influenza bizantina, ha un perimetro ad andamento irregolare, con l’inserzione di uno schema stellare e di tre conche absidali di limitata profondità.
La complessità dello spazio interno è esaltata da due ambulacri concentrici. Il più interno, ritmato da un giro di colonne, definisce un esagono sul quale si imposta la cupola, ora più alta di quella originaria, ricostruita a seguito del terremoto del 1688. L’ambulacro esterno, di forma decagonale, è scandito da pilastri quadrangolari.
Le colonne
Le colonne dell’esagono reimpiegano capitelli d’età classica e, come basi, capitelli antichi rovesciati e modificati anche con l’aggiunta di motivi decorativi.
Gli otto pilastri a sezione quadrata – realizzati con filari di blocchi in pietra calcarea alternati a filari di mattoni pieni – e le due colonne di spoglio con capitelli antichi che formano il decagono, sono sormontati da pulvini altomedievali, otto dei quali con decorazione a fuseruole allungate e coppie di perline.
I numerosi materiali antichi di spoglio presenti in Santa Sofia sono riutilizzati in funzione strutturale e non soltanto decorativa, a testimonianza del rispetto e della concreta considerazione in cui si tenevano tali cimeli del passato.
Gli affreschi delle absidi
L’interno doveva essere completamente affrescato, come dimostrano i frammenti tuttora visibili. Gli affreschi delle absidi rappresentano uno dei documenti più importanti, ma anche più controversi della pittura longobarda in Italia meridionale.
Il ciclo originario, datato dalla critica unanimemente all’VIII secolo, in fase con la realizzazione delle opere murarie, doveva essere incentrato su episodi della vita di Cristo e, più precisamente, sull’Incarnazione e sull’Infanzia. La zona a est, con le tre absidiole, conserva alcune scene che testimoniano l’alta qualità delle maestranze.
Gli affreschi dell’annuncio a Zaccaria
Nell’absidiola nord è raffigurato l’Annuncio a Zaccaria, padre di San Giovanni Battista.
La scena è divisa in due momenti: a sinistra l’Arcangelo Gabriele, con il braccio teso in avanti e la mano nel gesto della parola, annuncia la futura paternità a Zaccaria. Nella scena a destra, Zaccaria, reso muto dall’angelo per la sua incredulità, mostra la bocca ai fedeli. Nell’absidiola verso sud sono rappresentati gli episodi dell’Annunciazione e della Visitazione. Anche queste storie si susseguono con l’ordine cronologico seguito nel Vangelo, sicché il ciclo risulta essere una precisa illustrazione del primo capitolo di Luca. Nella Visitazione “Elisabetta è colta nell’atto di palpare il ventre gravido della Madonna ma essendosi prostrata quasi in ginocchio davanti a lei, nello stesso momento in cui Maria, accennando a baciarla, l’accarezza in volto e, tenendola per il capo, la mano sotto la gota, la sforza a rialzarsi” (Bologna).
Ingresso: Piazza santa Sofia
Apertura: dal lunedì dalla domenica dalle 7 alle 12 e dalle 16 alle 19
Ingresso gratuito
Come arrivare alla Chiesa di santa Sofia
L’Arco Traiano fu eretto nel 114 d.C per celebrare il prolungamento della Via Appia da Benevento a Brindisi e per esaltare il governo dell’ “Optimus Princeps”.
Il bassorilievo con cui è decorato racconta una serie di gesta dell’Imperatore Traiano: sia conquiste militari (su una facciata), sia opere civili (sull’altra facciata)
Il più grande arco romano dopo quello di Tito, ad esso fu riservato l’appellativo di Port’Aurea, quando nel Medioevo fu incorporato nella cinta muraria e divenne l’ingresso principale della città.
L’Arco di Traiano fa parte del sito “Via Appia. Regina viarum” che è stato iscritto il 27 luglio 2024 nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO.
Come arrivare all’Arco Traiano
Presso le sale espositive dell’ex Convento di San Felice di Benevento, ora sede del Centro operativo territoriale della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento, è custodito il primo e finora unico esemplare di Scipionyx samniticus, fossile di dinosauro vissuto 113 milioni di anni fa, che la stampa ha soprannominato affettuosamente “Ciro”. Il nome scientifico, Scipionyx samniticus, conserva invece i riferimenti al territorio sannita e al naturalista italiano di origini svedesi Scipione Breislak (1750 – 1826), che per primo effettuò ritrovamenti nel sito paleontologico di Pietraroja.
Il reperto è stato ritrovato a Pietraroja, piccolo centro sulle pendici dell’Appennino meridionale, più precisamente nella porzione orientale della catena del Matese.
Il fossile di cucciolo di teropode presenta un eccezionale stato di conservazione, dovuto ad un veloce processo di mineralizzazione che ha favorito la mancata decomposizione del corpo, depositatosi sui fondali, privi di ossigeno, di una laguna che caratterizzava il mare di Tetide, prima che gli Appennini si formassero. Non è possibile così distinguere ad occhio nudo esclusivamente la struttura ossea del dinosauro – mancante solo della parte distale della cosa e degli arti posteriori, ma anche le parti molli: lo stomaco, l’intestino, il fegato, la trachea, gli occhi e parti delle fasce muscolari. Approfondite analisi sul reperto hanno permesso di riconoscere, inoltre, l’ultimo pasto di Ciro, procurato dai genitori e composto da due pesci tra cui una sardina, un piccolo rettile, una zampa di lucertola.
Ciro fu portato alla luce da Giovanni Todesco, un appassionato cercatore di fossili originario della provincia di Verona, ma trasferitosi ad Avellino per motivi lavorativi, che salvò nel 1980, la settimana che precedette il terremoto dell’Irpinia, il reperto da una sicura distruzione.
Dopo approfonditi studi, nel 1998, il primo dinosauro scoperto in Italia, conservatosi in modo eccezionale, è stato al centro di un fondamentale studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature.
Il Museo diocesano è costituito da due sezioni: l’area archeologica ipogèa posta al di sotto dell’aula liturgica della cattedrale e la parte espositiva comprensiva anche della pseudocripta. Il museo narra perciò la lunga storia dell’insediamento urbano della città di Benevento e testimonia la vita della comunità cristiana.
La pseudocripta e il percorso espositivo
La pseudocripta (come si presenta oggi) è il risultato di numerosi interventi strutturali, iniziati in epoca romano-repubblicana e terminati intorno al XIV secolo, con un processo formativo in buona parte autonomo rispetto a quello della chiesa cattedrale. Attualmente essa consta di due navate allineate in senso trasversale rispetto all’abside (la cui fondazione in opus vittatum risale al V secolo d.C.), separate tra di loro da un notevole colonnato, realizzato con numerosi elementi di spoglio. In questi spazi sono visibili alcuni lacerti di pavimentazione in opus sectile databili alla prima metà del XII secolo e numerosi frammenti di pitture murarie che decoravano le cappelle, risalenti a periodi differenti. Cronologicamente il più antico risulta essere il ciclo pittorico dedicato a san Barbato, collocabile tra la fine del IX e gli inizi del X secolo. Testimonianze dirette dell’opera di ampliamento del soprastante presbiterio e della pseudocripta, avvenuta intorno alla metà del XII secolo, sono i resti pavimentali in opus tessellatum ed i frammenti di affresco raffiguranti un personaggio con nimbo e due rotoli nella mano sinistra. Al XIV secolo sono datati gli affreschi presenti nella cappella adiacente la fenestrella confessionis che inquadra una tomba, probabilmente la prima sepoltura di san Barbato (morto intorno al 682). Si tratta del mirabile affresco della Mater Misericordiae e del frammento con santa Caterina d’Alessandria e devota con rosario ai suoi piedi. Tali pitture, insieme ai lacerti di affreschi presenti nella parte occidentale della pseudocripta (tra cui un volto di Madonna in trono datato agli inizi del XIV secolo, il busto di un vescovo, una figura di orante ai piedi di una santa e le parziali decorazioni dell’intradosso che simulano il firmamento) scandiscono le ultime fasi prima dell’oblìo, forse in seguito al sisma del 1456. La riscoperta dell’area avvenne durante i lavori di ricostruzione della cattedrale dopo la seconda guerra mondiale. Nell’allestimento museale tali ambienti ospitano manufatti di assoluto valore storico, artistico e liturgico: la cosiddetta cattedra di san Barbato del VII secolo in ferro battuto e con tracce di ageminatura in argento; la scultura marmorea del XIV secolo raffigurante una figura alata, che accompagna per mano un bambino e tiene un agnello con l’altra; le ampolle vitree datate tra il I ed il IV secolo d.C.; le lapidi paleocristiane, tra le quali quella importantissima che attesta il duplice ministero ecclesiale del lector psalmista; i carmi sepolcrali dei principi longobardi di Benevento datati al IX secolo (originariamente posti nel paradiso antistante la cattedrale e poi reimpiegati tra il XII ed il XIII secolo nell’ arcone superiore della facciata parzialmente distrutta dal bombardamento del 1943); una capsella-reliquiario dell’VIII secolo in legno ricoperto di una lamina di rame dorato con incisioni di allusioni battesimali; la croce aurea del vescovo Pietro Sagacissimo (morto nel 914). Le ulteriori sale in sequenza riguardano i vescovi e gli arcivescovi di Benevento; la vita liturgica nella quale sono esposti i frammenti degli amboni del duomo degli inizi del secolo XIV, opera dello scultore Nicola da Monteforte, e una copia del rotolo di Exultet della Biblioteca Casanatense utilizzato durante la veglia pasquale; la vita religiosa che focalizza i temi del culto eucaristico, della devozione ai santi e delle vesti liturgiche; la vita amministrativa di un ente ecclesiastico (la mensa arcivescovile), di un complesso monastico (il monastero urbano di San Modesto) e di un luogo pio (il conservatorio della Santissima Annunziata) nei secoli XVII-XVIII; la figura e l’opera dell’architetto e sacerdote beneventano Saverio Casselli. Non poteva mancare poi un’area specifica dedicata alla munificenza dell’arcivescovo card. Vincenzo Maria Orsini verso la chiesa di Benevento (“la dilettissima Sposa”, come era solito definirla!). Trasferito da Cesena alla sede beneventana nel 1686, benché eletto papa il 29 maggio 1724, egli ne conservò la titolarità sino alla morte nel febbraio 1730. Quivi sono collocati manufatti di assoluto valore liturgico, devozionale e artistico, quali l’ostensorio di corallo, la rosa d’oro, il reliquiario della Santa Sindone. Il fiore all’occhiello del museo è costituito dalla sala multimediale che permette approfondimenti tematici con tecnologia informatica. E non solo; nell’area sono esposte anche riproduzioni di manoscritti conservati presso la Biblioteca Capitolare in scrittura beneventana e di testimonianze del canto beneventano, nonché la copia in 3D della porta di bronzo della cattedrale (sec. XII).
La sezione archeologica
Il 18 dicembre 2012 venne inaugurata la sezione archeologica del museo diocesano, che propone un percorso di visita realizzato proprio nell’ area archeologica al di sotto del piano di calpestìo della cattedrale, che è stata portata alla luce a partire dal 2005. In quell’anno, infatti, iniziarono i lavori di ristrutturazione del sacro edificio, nel corso dei quali si avviò una sistematica campagna di scavo (durata circa sei anni) e che ha fatto riemergere importanti testimonianze, grazie alle quali successivamente è stato possibile ricostruire la storia del sito dove circa quindici secoli fa, venne edificata la prima cattedrale di Benevento.
L’odierno edificio, ricostruito tra il 1950 e il 1965, sorge sulle macerie della cattedrale romanica (secoli XII-XIII) andata distrutta durante i bombardamenti anglo-americani del settembre del 1943. L’edificio bassomedievale si sovrapponeva, a sua volta, alle strutture della Basilica paleocristiana dedicata alla Dei Genitrix, edificata nel V secolo d.C.. Sulla stessa area, in epoca romano-imperiale, era stato realizzato un consolidamento sul quale si costruì un monumentale edificio identificato come mercato coperto (macellum). Il medesimo sito, a partire dalla metà del III secolo a.C., era occupato da un insediamento abitativo facente parte della colonia latina. La presenza di materiale di reimpiego nelle murature di epoca repubblicana e il ritrovamento di materiali votivi indicano la presenza di un luogo di culto di età sannitica, con un edificio realizzato in blocchi di tufo e dedicato ad una ignota divinità. Questa sequenza di fasi insediative era stata preceduta da periodi di frequentazione risalenti alla preistoria. I manufatti rinvenuti, le tracce relative alla pratica dello sfruttamento agricolo e la presenza di capanne realizzate con una struttura lignea, muratura in argilla e copertura in paglia, fanno pensare ad un insediamento di tipo stanziale fin dal Neolitico Antico (VI -V millennio a. C.), anche se di insediamento abitativo vero e proprio si può parlare tuttavia, solo con la fondazione della colonia latina (metà del III secolo a. C. circa).
Al termine dell’indagine archeologica, per valorizzazione adeguatamente il sito, con il contributo della Regione Campania e la collaborazione dell’Amministrazione comunale di Benevento, è stato tracciato un percorso museale a finalità prevalentemente didattica. Fin da subito si è pensato di lasciare alcuni reperti in loco, esponendoli nelle teche che si incontrano lungo il percorso. Le telecamere panoramiche collocate su tutta l’area permettono di “visitare” virtualmente punti dello scavo altrimenti inaccessibili, mentre la presenza dei pannelli didattici digitalizzati forniscono dettagliate informazioni sulle evidenze archeologiche che si vanno osservando.
Il nuovo ingresso
L’ingresso è ubicato in piazza Orsini, 33, accanto alla fontana e alla statua di papa Orsini, e si snoda attraverso le emergenze archeologiche della basilica medievale di San Bartolomeo. L’area, scavata e sistemata a cura dell’Amministrazione comunale di Benevento nel Programma Integrato Città Sostenibile all’interno dei “Percorsi della storia: la città dei santi”, è stata resa disponibile per la fruizione del museo diocesano dal 22 dicembre 2023.
SEDE:
Museo diocesano Piazza Orsini, 33 – 82100 Benevento
Indicazioni stradali
Orario di visita:
martedì: dalle ore 9.30 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00 (orario legale) dalle ore 15.00 alle 18.00 (orario solare)
mercoledì: dalle ore 9.30 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00 (orario legale) dalle ore 15.00 alle 18.00 (orario solare);
giovedì: dalle ore 9.30 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00 (orario legale) dalle ore 15.00 alle 18.00 (orario solare);
venerdì: dalle ore 9.30 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00 (orario legale dalle ore 15.00 alle 18.00 (orario solare);
sabato: dalle ore 9.30 alle 13.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00 (orario legale) dalle ore 15.00 alle 18.00 (orario solare).
Modalità di visita: Per le particolari caratteristiche del sito le visite sono guidate da personale qualificato messo a disposizione dalla Fondazione “Benedetto Bonazzi” Ente di Terzo Settore, che ha in affidamento il museo.
Contatti, informazioni e prenotazioni:
Tel. 0824323345
Cell. 3711951770
e-mail: museo@fondazionebonazzi.it; beniculturali@diocesidibenevento.it
Sito web: www.fondazionebonazzi.it
Facebook: Museo Diocesano Benevento
Il Museo, realizzato all’interno del Castello di Montesarchio, è dedicato alla storia della Valle Caudina e alle testimonianze archeologiche dei centri più importanti – Caudium (Montesarchio), Saticula (Sant’Agata de’ Goti), Telesia (San Salvatore Telesino).
Il MANSC si sviluppa in sei sale poste al primo piano dello storico edificio che documentano la ricostruzione del paesaggio in età preistorica (sala I), accompagnata dall’esposizione di reperti rinvenuti in varie località del Sannio Caudino, fino all’ampia sezione dedicata al sito di Caudium, l’attuale Montesarchio (sale II-IV).
In ordine cronologico sono esposti alcuni corredi delle necropoli caudine, databili tra la metà dell’VIII e il III secolo a.C., che testimoniano la ricchezza e la complessità del sito, interessato da intensi scambi commerciali con le città greche della costa e il mondo etrusco-campano. Di particolare interesse sono i numerosi vasi figurati di produzione attica e italiota, soprattutto crateri, rinvenuti in tombe risalenti al V- IV secolo a.C.
L’ultima parte del percorso di visita è dedicata agli altri due importanti centri del Sannio Caudino: Saticula (Sant’Agata dei Goti) e Telesia (S. Salvatore Telesino), di cui si espongono materiali esemplificativi provenienti dalle ricche necropoli.
La Torre di Montesarchio fa parte del complesso museale Mansc
La Torre e il Castello, che sorgono sul colle Ciavurno, furono destinati a prigioni di Stato durante il regno di Ferdinando di Borbone. Nella Torre furono rinchiusi patrioti napoletani, tra i quali Pironti, Nisco e Carlo Poerio. Ancora oggi è possibile visitare quella che, tradizionalmente, viene indicata come la cella di quest’ultimo dal 28 maggio 1856 al 09 gennaio1859, quando la pena fu commutata in deportazione. Fino al 1906 il Castello fu adibito a casa di detenzione.
Nel 1915-1918, fu tappa di smistamento delle autorità militari.
Nel 1919-1923, il Castello e i suoi dintorni furono oggetto di lavori per la trasformazione in “Sanatorio Criminale”. Tale progetto non fu realizzato.
1949/950 Il Castello e la Torre, dichiarati Monumenti Nazionali, vennero restaurati dal Genio Civile di Benevento.
Nel 1958 furono avviate le pratiche per poter ospitare al Castello l’Istituto “Mater Orphanorum” che il 20 luglio 1960, festa del Patrono Universale degli Orfanelli e della Gioventù, iniziò ad alloggiare i minori.
Nel 1990, l’Istituto Caritativo “Mater Ophanorum” lasciò il Castello e il 16 marzo 1994 l’Amministrazione Finanziaria consegnò le chiavi del Castello alla Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino e Benevento che nel 2007, lo ha destinato a sede del Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino.
Informazioni
Responsabile: Dott. Vincenzo Zuccaro
Ente competente: Direzione Regionale Musei nazionali della Campania
Sede: Via Castello – 82016 Montesarchio
Telefono: +39 0824 83 45 70
Orario: dalle ore 9.00 alle ore 19.00 (ultimo ingresso 18.30)
Chiusura settimanale: Lunedì
Costo del biglietto: 2 €
IL MANSC ospita il cratere di Assteas, il cosiddetto“ vaso più bello del mondo”, che raffigura il mito del ratto d’Europa. Al vaso realizzato dal ceramografo di Paestum ritrovato in una sepoltura a Sant’Agata de’ Goti , è dedicato il nuovo allestimento finanziato dal Comune di Montesarchio, allestito all’interno del percorso espositivo del piano primo del castello.
Il Paleolab è un museo multimediale che, attraverso varie esperienze interattive, permette al visitatore di intraprendere un viaggio indietro nel tempo fino ad arrivare al Cretaceo, periodo in cui Pietraroja si trovava ai margini di una laguna.
A quell’epoca risalgono i fossili di pesci, coccodrilli e salamandre, conosciuti fin dal 1700, e soprattutto lo Scipionyx Samniticus, il piccolo cucciolo di celosaurus vissuto 110 milioni di anni fa, che costituisce un unicum perché presenta ancora intatti gli organi interni e le fibre muscolari.
Il percorso di visita ha inizio con un ascensore geologico, una sorta di teletrasporto, grazie al quale il visitatore ripercorre in pochi secondi le epoche geologiche fino ad arrivare al Cretaceo. Gli exibit, le scenografie, i filmati e un grande acquario interattivo permettono nelle prime sale del museo di entrare in questo ambiente tropicale e di conoscerne gli abitanti. Tutti i reperti sono esposti in copia per motivi di sicurezza. Continuando il viaggio nel Paleolab il visitatore attraverso le varie sale ripercorre le fasi geologiche che hanno portato alla nascita dell’Italia e dei suoi rilievi. Le ultime sale del museo sono dedicate alla storia degli esseri viventi sulla terra e ai fossili che permettono di ricostruirne la storia.
Per i più piccoli è stato allestito un campo scavi per rivivere l’emozione delle scoperte paleontologiche ed è stato creato un laboratorio didattico dove è possibile, usando forme di gesso, creare un piccolo calco dei reperti esposti. Inoltre, attraverso la visione di cartoni animati, i ragazzi possono avere un riassunto semplificato di quanto visto durante il percorso di visita.
La visita si conclude nella sala proiezioni dove è possibile vedere filmati 3D sul sito paleontologico.
Apertura
Prenotazione Non richiesta
Orario di apertura:
Lun
Chiuso
Mar
Chiuso
Mer
Chiuso
Gio
Chiuso
Ven
Chiuso
Sab
10:00-12:30 – 14:30-17:30
Dom
10:00-12:30 – 15:00-17:30
Contatti
Tel: +39 0824 868253 +39 0824 21079
Mail: paleolab@artsanniocampania.it
Website
Ente peopaleontologico
Museo degli orologi da torre
Il 17 novembre del 2000 nasce ufficialmente a San Marco dei Cavoti il Museo degli orologi da torre. Unico nel suo genere in Italia e in Europa, il museo custodisce 50 antiche macchine del tempo a partire dal 1500. Esse rappresentano la cultura, il passato, il progresso scientifico e l’evoluzione tecnologica.
Il maestro orologiaio cav. Salvatore Ricci
Come mai proprio a San Marco dei Cavoti un museo di orologi da torre? Il merito è del maestro orologiaio Salvatore Ricci, cittadino di San Marco dei Cavoti che, con innata e ostinata passione per i congegni meccanici in genere, ha dedicato tutta la vita a collezionare innumerevoli meccanismi di orologi da torre e a farli tornare a funzionare con lavoro paziente e continuo di pulitura e riparazione. Ha recuperato pezzi vecchi, di ogni epoca, grandi ruote dentate, orologi da torre scomposti e arrugginiti, ammassi di ferraglia, per molte persone oggetti senza alcun valore, ma per lui meravigliosi meccanismi del tempo, custodi di cultura e testimonianza di un suggestivo passato per il presente e per le generazioni future. Il suo lavoro tenace è stato sempre sorretto dalla speranza di poterli esporre un giorno a testimonianza dei cambiamenti tecnici e scientifici verificatesi non solo nella misurazione, ma anche nella concezione sociale e culturale del tempo. Si susseguono, per tutti gli anni 90, mostre ed esposizioni in varie località d’Italia e cresce sempre più in questi anni l’interesse e la considerazione dell’amministrazione comunale per le risorse del territorio. Nel 1997 l’amministrazione comunale, guidata dall’allora sindaco, Francesco Cocca, autorizza una mostra permanente a San Marco dei Cavoti e l’anno dopo, con una nuova delibera del Consiglio Comunale, istituisce il Museo degli Orologi da Torre in una sala polivalente del Comune. Il Maestro comincia a raccogliere i frutti della sua passione e vede avverarsi il suo sogno quando, qualche anno dopo, i suoi preziosi orologi vengono acquistati dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, per promuovere iniziative museali allo scopo di diffondere la cultura scientifica.
È così che il 17 novembre 2000 con una solenne cerimonia viene inaugurato il Museo degli orologi da torre. In seguito, nel 2007, il museo troverà la sua sede definitiva nel centro storico, nelle sale restaurate del prestigioso palazzo Cavaniglia, tra via Rovagnera e Muro Nuovo. Per il Maestro Ricci arriva nell’anno 2001 il riconoscimento più bello e più gradito: l’onorificenza di Ufficiale della Repubblica da parte del presidente Carlo Azeglio Ciampi per premiare il suo impegno di Maestro Orologiaio. La passione ostinata gli aveva reso merito. Il museo degli orologi da torre di San Marco dei Cavoti assolve una funzione di tutela, conservazione e valorizzazione degli strumenti esposti che mirano a recuperare un segmento di memoria della nostra storia ponendosi come ponte tra passato e futuro. L’impegno, la conoscenza e il recupero di memoria storica è diventato compito speciale degli allievi dell’Istituto Tecnico Economico e Turistico “Medi-Livatino” di San Marco dei Cavoti. Essi hanno “adottato” le antiche macchine del tempo ereditandone la passione dalle spiegazioni del Maestro e ne trasmettono la conoscenza con entusiasmo e competenza. Accompagnano, infatti, come guide del Museo i numerosi visitatori per far conoscere i meccanismi e il funzionamento delle prime macchine segnatempo e spiegare, anche al visitatore più distratto, come l’orologio da torre sia stato metafora privilegiata di un tempo, di una società, di una civiltà. Il simbolo dell’eterno scorrere del tempo che appartiene al nostro essere. Gli alunni dell’Istituto Tecnico Economico e Turistico “Medi-Livatino”di San Marco dei Cavoti
Ingresso Libero
Il Museo del Telefono di Airola è una preziosa testimonianza storica sulla nascita delle Telecomunicazioni: un viaggio indietro nel tempo per comprendere quanto il desiderio di comunicare a lunghe distanze sia stato per l’uomo del passato uno dei più grandi sogni. Dai greci di Polibio (124 a.C.) ai francesi di Claude Chappe (1763) sino ad arrivare alla grande intuizione di Samuel Morse che diede il via all’invenzione che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità: il telegrafo. Il museo espone ben 81 reperti di cui il più antico è un telegrafo del 1870, il percorso museale si snoda all’interno delle sale di un importante edificio storico e ripercorre le tappe più significative dalla nascita delle Telecomunicazioni fino ai nostri giorni. I protagonisti di questa importante invenzione accompagnano il visitatore presentando in prima persona quello che è stato il lungo viaggio dell’uomo verso la comunicazione a distanza.
Grazie ad attività interattive il visitatore ha modo di scoprire in modo accattivante e divertente la storia e la nascita di quello il Telegrafo. La proiezione di un filmato racconta la storia del telegrafo e del suo inventore, Samuel Morse, ripercorrendo tutti i momenti significativi che hanno portato alla trasmissione del primo messaggio inviato nella storia attraverso l’etere. Al filmato segue la parte interattiva che coinvolge in maniera diretta il visitatore. Il gioco consiste nell’utilizzare le informazioni apprese dal filmato e mette alla prova l’utente attraverso la capacità di scrivere parole o frasi in linguaggio morse. Tutto ciò è possibile grazie all’utilizzo di un tasto che è parte di una stazione telegrafica ricostruita in stampa 3d. Il visitatore può così sperimentare in prima persona l’utilizzo di questo straordinario strumento di fine ‘800.
Orario Apertura
Mer. Gio. Ven.
10.30-12.00
16.00-18.00
Biglietti
Gratuito
JANUA – Museo Streghe Benevento nasce da un’attenta ricerca sui “riti di passaggio”. Il museo, impostato in modo divulgativo, regala al pubblico un viaggio all’interno di un mondo misterioso tra storia, arte, tradizioni e leggende di Benevento e del Sannio. Un percorso in divenire alla scoperta delle Janare e della nostra magia. L’area è composta da una grande varietà di oggetti che vanno dal semplice santino all’ex-voto; dal pane antropomorfo alle erbe con il loro potere. Un mondo fatto di un sacro e un profano che, nell’intessere un dialogo tra loro, fanno diventare le donne, portatrici della nostra tradizione, delle testimoni eleggendole talvolta a guaritrici altre a streghe! La visita è arricchita da una video installazione curata da artisti locali e da una sezione “JANUA – Magistra Historiae” che ospita laboratori, una biblioteca e opere di artisti inerenti ai riti e ai monumenti di Benevento. Un modo per scoprire la città partendo da Palazzo Paolo V. L’immagine di Janua è una sirena bicaudata in quanto racchiude il Culto della Dea Madre, colei che ha il potere di dare ma anche di togliere la vita, e i rituali di fertilità dionisiaci sopravvissuti nelle zone contadine. Un simbolo che si arricchisce di foglie, quelle foglie dell’albero dalle grandi fronde dove le nostre streghe amavano riunirsi e che talvolta si trasformavano in erbe, piante magiche grazie alle quali curare malesseri fisici ma anche psichici. Una sirena che regalava alle donne una speranza di rinascita, intesa anche come riscatto perché del resto, come ebbe a dire Jules Michelet: “Le streghe provengono dai tempi negati alla speranza”.
BIGLIETTI
Biglietti singoli
Intero 5,00 €
Ridotto 3,00 € – (Studenti di ogni ordine e grado fino a 25 anni di età; Adulti di età superiore ai 65 anni)
Gratuito – (Bambini di età inferiore ai 6 anni; Persone diversamente abili; Guide turistiche con gruppi)
Biglietti gruppo
GRUPPI – Ridotto 3,00 € per gruppi formati da minimo 25 persone paganti. Per usufruire della riduzione il pagamento deve essere effettuato con almeno 48h di anticipo. Se non sarà effettuato il pagamento in anticipo l’ingresso sarà come da bigliettazione singola.
Orari del percorso guidato:
10.00 – 11.00 – 12.00 / 16.00 – 17.00 – 18.00 (Ottobre – Giugno)
10.00 – 11.00 – 12.00 / 17.00 – 18.00 – 19.00 (Luglio – Settembre)
Giorni:
Mercoledì, Venerdì, Sabato, Domenica.
Per le scuole e i gruppi il museo apre anche al di fuori degli orari di apertura con una prenotazione di almeno 48h di anticipo.
INFO: Palazzo Paolo V – Corso G. Garibaldi – Benevento
al 331 762 0096 (giorni di apertura) – 349 7451656 (WhatsApp sempre
Databile tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C., sorge nella zona occidentale della città antica.
Il monumento, la cui cavea misura circa m 98 di diametro, è costruito in opera cementizia con paramenti in blocchi di pietra calcarea e in laterizio. Le gradinate e la frons scenae erano rivestite in marmo, così come lastre marmoree e stucchi, ancora parzialmente conservati, decoravano le aulae, i due ampi ambienti che, attraverso corridoi (parodoi), immettono nell’orchestra.
La cavea, a pianta semicircolare, è realizzata su sostruzioni e presenta tre ordini: tuscanico, ionico e corinzio. Di questi si conserva solo l’ordine inferiore, costituito da venticinque arcate su pilastri con semicolonne tuscaniche. Le arcate della cavea, con ampia cornice rifinita, presentavano come chiavi di volta rilievi configurati, rappresentati da busti nell’ordine inferiore e, molto probabilmente, da maschere negli ordini superiori. Alcune di queste maschere sono state reimpiegate in edifici del Centro Storico, dove sono ancora visibili. La cavea terminava nella parte superiore con una galleria, in cui si aprivano nicchie.
Come arrivare al Teatro Romano
L’Hortus Conclusus sorge dove un tempo sorgeva l’orto del convento medievale dei Padri Domenicani.
Dal 1992 l’installazione permanente dell’Artista beneventano Palladino, uno dei più grandi esponenti della Transavanguardia.
L’Hortus vuole essere una sorta di galleria d’arte libera ed immersa nel verde. Le opere scultoree dell’artista (il cavallo, il disco, gli elementi legati all’acqua) coincidono con resti dell’epoca romana (pezzi di colonne, capitelli, e frontoni) creando un complesso percorso culturale da decifrare.
Come arrivare all’Hortus Conclusus
Il Ponte Leproso è un antico ponte romano che risale al III secolo a.C. e serviva per superare il fiume Sabato, consentendo il passaggio della via Appia Antica in città. Probabilmente costruito su un preesistente ponte sannitico, fu voluto dal censore romano Appio Claudio Cieco. Durante il saccheggio dei Goti di Totila nel VI secolo, il ponte fu distrutto e successivamente ricostruito. Dopo il terremoto del 1702, la struttura fu nuovamente restaurata, riducendo il numero di arcate da cinque a quattro.
Inizialmente chiamato “Ponte Marmoreo”, il nome cambiò in “Ponte Leproso” a causa della presenza di un lazzaretto medievale nei suoi pressi. Oggi, uno dei piloni originari in opus quadratum è tutto ciò che resta della struttura romana originale.
Indirizzo: Piazza Santa Sofia (Adiacente Chiesa) – 82100 Benevento.
Qui troverete guide esperte e autorizzate pronte a farvi scoprire i tesori di Benevento.
Che siate interessati a una passeggiata culturale, un tour storico o un’esperienza immersiva, le nostre guide vi accompagneranno in ogni tappa, svelandovi curiosità e storie che solo un vero esperto locale conosce.
Esplorate le nostre proposte e prenotate la guida perfetta per la vostra avventura!
Benevento Turismo – Portale ufficiale del Turismo a Benevento